Valvola aortica e sue patologie

 

              

Valvola aortica normale                 Valvola aortica stenotica

 

STENOSI AORTICA

 

La SA acquisita si riscontra più frequentemente nel sesso maschile e colpisce l’età adulta e avanzata. Se ne riconoscono tre tipi essenziali, che comprendono oltre il 95% dei casi attualmente osservabili:

 

  • STENOSI AORTICA DA DISTROFIA CALCIFICA DI VALVOLA BICUSPIDE (50-60aa): Il flusso turbolento indotto dall’anomala architettura della valvola traumatizza i lembi, che gradualmente vanno incontro a sclerosi e a calcificazione.

 

  • STENOSI AORTICA DA VALVULITE REUMATICA CRONICA:   L’architettura tricuspide della valvola è conservata, ma le tre cuspidi sono fuse lungo le commissure, cosicché l’orificio è ridotto ad una piccola apertura centrale rotonda o triangolare

 

  • STENOSI AORTICA DA DISTROFIA CALCIFICA PRIMARIA (65-70aa): Si caratterizza per l’assenza di fusione commissurale, conservando la valvola i suoi tre lembi indipendenti. La stenosi deriva dall’irrigidimento dei lembi, il cui movimento di apertura risulta fortemente limitato per la presenza di granuli calcifici più o meno voluminosi.

 

L’area dell’orificio valvolare aortico deve ridursi a meno di 1/4 delle sue normali dimensioni prima che si verifichino significative alterazioni emodinamiche. La storia naturale della SA nell’adulto consta di un prolungato periodo di latenza, durante il quale la morbilità e la mortalità sono molto basse. La progressione della stenosi sembra più rapida nelle forme calcifiche degenerative, ma non è possibile predirne la velocità in un particolare paziente. Gli studi sulla sopravvivenza dei pazienti con SA di grado severo dal momento della diagnosi danno risultati discordanti. Da questi studi si può liberamente e non rigorosamente desumere che circa il 40% dei pazienti sono vivi dopo 5 anni e circa il 25% dopo 10. A partire dalla comparsa dei sintomi, la sopravvivenza media è di 2–3 anni.

 

SINTOMI

La fase sintomatica della SA è caratterizzata da angina pectoris, sincope e dispnea. I sintomi si manifestano, in genere, a partire dalla sesta decade di vita. L’angina compare di solito sotto sforzo e cessa con il riposo. Essa deriva da uno squilibrio fra richiesta e apporto di ossigeno nel miocardio. La sincope è sintomo da ridotta perfusione cerebrale. Può verificarsi dopo uno sforzo o dopo un pasto per l’ipotensione provocata dalla vasodilatazione muscolare o splancnica non seguita da adeguato aumento della gittata cardiaca. Lo stesso significato hanno le lipotimie e le vertigini. Se l’aritmia non regredisce spontaneamente in breve tempo sopraggiunge la morte improvvisa.

La dispnea è un sintomo tardivo, può manifestarsi durante l’esercizio fisico (dispnea da sforzo) o con il decubito supino (ortopnea) o in forma parossistica nel corso della notte (dispnea parossistica notturna. Nelle fasi più avanzate sono presenti anche sintomi da bassa gittata cardiaca, quali astenia e facile affaticabilità.


 

INSUFFICIENZA AORTICA

L’insufficienza aortica è una manifestazione patologica caratterizzata da una mancata o ridotta coaptazione dei lembi valvolari durante la diastole.

Una IA può derivare da una lesione di vario tipo delle cuspidi (retrazione, prolasso, distruzione, perforazione, distacco, ispessimento, disgiunzione commissurale) o da una dilatazione della radice aortica (ectasia anuloaortica, aneurismi dell’aorta ascendente, aneurismi dei seni di Valsalva, aortiti) o da entrambe queste condizioni. Le lesioni variano in rapporto con le cause, che, attualmente, nel mondo occidentale, sono costituite principalmente dalle malattie degenerative e dall’endocardite infettiva, non più, come in passato, dalla febbre reumatica e dalla sifilide. Occasionalmente la causa della IA può non essere riconoscibile. La qualità e la durata della vita nei pazienti con IA cronica dipendono dalla gravità della insufficienza. Una IA lieve o moderata non progressiva non influisce sullo stile di vita e consente una sopravvivenza a 10 anni del 90% dei pazienti.


 

SINTOMI

 

Il sintomo più precoce nella IA cronica severa è il cardiopalmo. A riposo, specialmente nella posizione sdraiata, il paziente può avere una fastidiosa sensazione di battito cardiaco accellerato e avvertire un modesto dolore precordiale provocato dall’urto del cuore contro la parete toracica. Sotto sforzo e sotto stimoli emozionali le palpitazioni sono provocate dalla tachicardia.

La dispnea da sforzo, l’ortopnea e la dispnea parossistica notturna sono sintomi tardivi, che compaiono quando il cuore è notevolmente dilatato ed esprimono il deterioramento della funzione ventricolare sinistra.

Sintomo tardivo è anche l’angina pectoris, che insorge soprattutto di notte, quando la frequenza cardiaca diminuisce e la pressione diastolica raggiunge i livelli più bassi, e si accompagna spesso a profusa sudorazione.

 

ESAMI STRUMENTALI NELLA VALVULOPATIA AORTICA

 

ELETTROCARDIOGRAMMA

 

 

STENOSI AORTICA

Nella stenosi aortica moderata l’ECG può essere normale. Nella SA di grado severo generalmente è indicativo di ipertrofia e sovraccarico ventricolare sinistri. La fibrillazione atriale non è comune e appare tardivamente nelle SA pure.

 

INSUFFICIENZA AORTICA

Nelle fasi precoci della IA cronica severa l’ECG mostra segni di ipertrofia e di sovraccarico del ventricolo sinistro. Nelle fasi più avanzate il tratto ST si sottoslivella   e   l’ampiezza di QRS tende ad aumentare.

 

RX TORACE

 

STENOSI AORTICA

L’immagine cardiaca non appare ingrandita nelle SA pure, a meno che non sia presente uno scompenso cardiaco in fase avanzata. Le calcificazioni valvolari, se attentamente ricercate, sono sempre evidenti nei pazienti con SA severa; nei soggetti anziani, al di sopra dei 60 anni, sono compatibili anche con SA di grado lieve.

 

INSUFFICIENZA AORTICA

Le dimensioni dell’immagine cardiaca sono in rapporto con la durata e con la gravità della malattia. Nella IA cronica di grado severo il cuore è notevolmente aumentato di volume per l’ingrandimento del ventricolo sinistro, particolarmente nel suo diametro longitudinale

 

ECOCARDIOGRAMMA

Esame più importante nella diagnosi di valvulopatia aortica perchè definisce l’anatomia della valvola e della via di efflusso ventricolare e consente di valutare il grado di disfunzione della valvola e la funzione sistolica del ventricolo sinistro. In rari casi è necessario l’approccio transesofageo per una più accurata analisi

 

Interventi

 

Riparazione della valvola aortica

La riparazione della valvola aortica può essere effettuata principalmente in casi selezionati di IAo.

Nei casi in cui l’insufficienza aortica non sia legata ad un’alterazione dei lembi valvolari si può procedere ad una riparazione della valvola nativa. Sono quindi da escludere da questa procedura i pazienti con malattie degenerative calcifiche o valvulite reumatica.

 

Sostituzione della valvola aortica

La sostituzione della valvola aortica si indica principalmente nei casi stenosi aortica di natura calcifica e nelle insufficienza aortiche in cui non suscettibili di riparazione.

I risultati: la mortalità a 30 giorni varia dal 3 al 12%. Fattori di rischio sono l’età, la disfunzione ventricolare, lo stato di urgenza, IRC, l’associazione con CABG, .

La sopravvivenza a 10 anni è di circa il 70%; fattori di rischio sono gli stessi che per la mortalità a breve termine.

 

Le protesi valvolari

La scelta della protesi da utilizzare è sicuramente frutto di una valutazione preoperatoria di alcuni fattori come l’età, l’aspettativa di vita, la qualità di vita (aspetti socio-culturali-economici), la possibilità e la volontà di avere gravidanze, eventuali coagulopatie o disordini incompatibili con una possibile terapia anticoagulante e in parte la volontà, una volta adeguatamente istruito, del paziente stesso. A questa valutazione preoperatoria che viene effettuata in presenza del paziente bisogna associare una valutazione pre-intraoperatoria relativa ad aspetti di natura anatomo-funzionali come le dimensioni dell’anulus, le dimensioni del bulbo, la presenza di calcificazioni estese, la presenza di ascessi subartici, ecc.

Le protesi meccaniche hanno il vantaggio della durabilità, alla quale fa da contro la necessità ineluttabile di assumere per tutta la vita anticoagulanti determinando, così, discomfort per il paziente ma soprattutto incrementando i rischi di trombo-embolie/emorragie. In quest’ottica, sicuramente le protesi meccaniche sono da indicare a pazienti giovani, che non hanno particolari controindicazioni alla terapia anticoagulante, che non hanno la possibilità o la volontà di avere gravidanze. Oggi si discute ancora sul cut-off di età per selezionare una protesi meccanica o biologica. In passato tale limite era stato fissato a 65 anni e da 60 a 65 anni si valutava caso per caso. Oggi che l’aspettativa di vita si è significativamente allungata questo limite è stato spostato a 70 anni con una riserva per i pazienti tra 65 e 70 anni.

Le bioprotesi offrono il grande vantaggio di non richiedere terapia anticoagulante, ma hanno lo svantaggio di essere soggette ad una degenerazione che richiede un reintervento. Anche in questo campo, però, ci sono stati dei cambiamenti. Infatti, le bioprotesi che un tempo si deterioravano nel giro di 10-15 anni oggi hanno follow up di più di 20 anni. Questo risultato è legato sicuramente alle metodiche di preparazione delle protesi e alla selezione dei pazienti. A questo proposito bisogna aggiungere che diversi studi hanno dimostrato un più rapido deterioramento delle bioprotesi nelle popolazioni giovani rispetto agli anziani che oggi costituiscono il target principale della SVAo con bioprotesi.